giovedรฌ 28 Marzo 2024

“il bilancio del superbonus per lo Stato รจ ben lungi dal pareggio: su una spesa di 68,7 miliardi, ne sono rientrati, sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali, poco meno di 14”.

Lo comunica sul suo sito l’Osservatorio conti pubblici italiani (Cpi). Ecco di seguito l’analisi:

Superbonus, Cpi: 68,7 miliardi spesi, rientrati 14 in tasse. Bilancio per lo Stato รจ ben lungi dal pareggio


Usando i dati pubblicati il 1ยฐ marzo dallโ€™Istat, si fornisce una stima dellโ€™effetto del superbonus 110% sullโ€™attivitร  economica e sul bilancio pubblico. Secondo i dati dellโ€™ENEA, il superbonus 110%, dal momento della sua introduzione (luglio 2020) fino a dicembre 2022, รจ costato 68,7 miliardi e ha attivato 62,5 miliardi di investimenti. Nel dibattito pubblico, questi dati sono stati utilizzati per sostenere che il superbonus 110% ha sorretto lโ€™economia in questi anni; alcuni hanno addirittura argomentato che lโ€™impulso allโ€™economia sarebbe stato tanto forte da generare un gettito fiscale dello stesso ordine di grandezza della spesa sostenuta dallo Stato e che dunque il superbonus si sarebbe autofinanziato. Nel seguito si mostra che, nella migliore delle ipotesi, il superbonus ha contribuito ad incrementare la crescita del Pil dello 0,5 per cento nel 2021 (su una crescita totale del 7 per cento) e dello 0,9 per cento nel 2022 (su una crescita totale del 3,7 per cento). Si tratta di incrementi importanti, ma non tali da consentire di attribuire al superbonus il grande rimbalzo dellโ€™economia italiana dopo le chiusure del 2020. Il bilancio del superbonus per lo Stato รจ ben lungi dal pareggio: su una spesa di 68,7 miliardi ne sono rientrati, sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali, poco meno di 14. La riclassificazione di alcuni bonus decisa da Istat, in base ai criteri definiti da Eurostat, ha peggiorato il deficit degli anni dal 2020 al 2022, ma, anche in virtรน del blocco deciso dal governo, migliora il deficit tendenziale del 2023 e degli anni successivi.

Secondo i dati dellโ€™ENEA il superbonus 110%, dal momento della sua introduzione (luglio 2020) fino a dicembre 2022, รจ costato 68,7 miliardi e ha attivato 46,6 miliardi di investimenti.ย Se si considerano anche gli investimenti avviati, si arriva a 62,5 miliardi. Questโ€™ultimo dato รจ coerente con lโ€™ammontare della spesa legata allโ€™incentivo in quanto 62,5 x 110% = 68,7 miliardi. Si tratta di cifre considerevoli alla luce del fatto che, in base ai dati Istat pubblicati il 1ยฐ marzo, il totale degli investimenti in abitazioni da inizio 2021 a fine 2022 รจ stato di 204,8 miliardi. Nel dibattito pubblico, questi dati sono utilizzati per sostenere che il superbonus 110% abbia sorretto lโ€™economia in questi anni; alcuni hanno addirittura argomentato che lโ€™impulso allโ€™economia sarebbe stato tanto forte da generare un gettito fiscale dello stesso ordine di grandezza della spesa sostenuta dallo Stato. In sostanza, il superbonus si sarebbe autofinanziato.

Questa conclusione non tiene conto del fatto che, come sempre quando si analizzano gli effetti degli incentivi, รจ necessario costruire uno scenario controfattuale. Molti degli investimenti che sono stati finanziati con il superbonus 110% sarebbero stati fatti comunque. Ad esempio, secondo uno studio preliminare della Banca dโ€™Italia, solo metร  degli investimenti contabilizzati dallโ€™ENEA avrebbe carattere aggiuntivo.ย Occorre ricordare che, oltre agli interventi cosiddetti trainanti (come, ad esempio, il cappotto termico), il bonus consente di finanziare anche interventi di altro genere (come sostituzione di caldaie o infissi e installazione di pannelli solari) che, in generale, vengono svolti in via ordinaria. Inoltre, molti lavori (ad esempio le facciate) si sarebbero svolti comunque, anche perchรฉ vi sono molti altri bonus edilizi, tra cui il bonus 90% per le facciate e la detrazione ordinaria del 36 per cento su tutte le spese sostenute entro il tetto dei 48.000 euro.

Per avere unโ€™idea degli ordini di grandezza si consideri la Fig. 1. La linea verde rappresenta gli investimenti in abitazioni effettivi misurati dallโ€™Istat. La linea rossa, invece, mostra gli investimenti effettivi al netto di quelli messi in detrazione con il superbonus 110% come censiti dallโ€™ENEA. Questa linea raffigura quindi lโ€™ipotesi che tutti gli investimenti che hanno fruito del 110% siano stati aggiuntivi.ย Si vede chiaramente che questa ipotesi รจ poco plausibile perchรฉ implicherebbe che, in assenza del superbonus, ci sarebbe stata una recessione degli investimenti a partire dal 2021 con un crollo del 25 per cento nel 2022 rispetto al 2019.

La linea blu รจ, invece, un modo per rappresentare lโ€™ipotesi ventilata della Banca dโ€™Italia secondo cui circa metร  degli investimenti censiti dallโ€™ENEA, ossia 31,3 miliardi (su 62,5) siano aggiuntivi. In questo scenario, ci sarebbero stati minori investimenti sia nel corso del 2021 che del 2022, per un totale rispettivamente pari a 8 e 23 miliardi. La curva mostra un andamento simile a quella degli investimenti effettivi misurati dallโ€™Istat, ma la ripresa post pandemia sarebbe stata molto piรน lenta; gli investimenti avrebbero comunque raggiunto i 76 miliardi nel 2022, con un incremento del 10 per cento rispetto al 2019.

Nel seguito utilizziamo la stima di Banca dโ€™Italia considerandola unโ€™ipotesi massima in merito agli effetti aggiuntivi del superbonus sugli investimenti; unโ€™ipotesi che รจ quindi favorevole a chi sostiene che il bonus รจ stata una misura utile.

Effetti sullโ€™attivitร  economica

Il prossimo passo รจ quello di quantificare lโ€™effetto di questi maggiori investimenti sul livello dellโ€™attivitร  economica, ossia sul Pil. Si consideri che gli investimenti in abitazioni (comprese le nuove costruzioni) rappresentano un poโ€™ meno del 5 per cento del Pil, il che significa che anche un forte aumento di questa voce ha un effetto limitato sul complesso dellโ€™attivitร  economica. ย Facendo i conti sulla base dei numeri detti sopra e tenendo conto delle variabili reali (ossia al netto dellโ€™inflazione), lโ€™effetto cumulato, dopo quasi tre anni di applicazione del bonus, risulta essere pari a 1,4 per cento.

Nella Fig. 2, la linea rossa misura la differenza percentuale fra il Pil effettivo (linea verde) e quello controfattuale, ossia che si sarebbe realizzato in assenza di incentivi (linea blu). Giร  alla fine del 2021 lโ€™effetto complessivo (inclusivo dellโ€™effetto dellโ€™incentivo sulla seconda metร  del 2020) รจ stato pari a 0,5 per cento, per poi raggiungere un massimo di 1,4 punti percentuali a fine 2022. Ciรฒ significa che lโ€™incentivo ha avuto un effetto aggiuntivo sulla crescita del Pil 2020-2021 di circa 0,5 per cento. In assenza del bonus, la crescita del Pil sarebbe stata pari al 6,5 anzichรฉ al 7,0 per cento stimato da Istat. Si tratta di un dato molto rilevante, anche se inferiore rispetto a quanto รจ stato spesso propagandato nel dibattito recente.ย Nel 2022, lโ€™effetto aggiuntivo alla crescita รจ stato maggiore e pari allo 0,9 per cento: la crescita del Pil sarebbe stata quindi del 2,8 per cento, invece che del 3,7 stimato da Istat. Anche in questo caso si tratta di un effetto rilevante, anche se inferiore a quanto a volte divulgato. Effetti maggiori e soprattutto piรน duraturi nel tempo sono improbabili anche perchรฉ, come ha argomentato Giovanni Tria, non vi รจ alcuna ragione di pensare che il bonus abbia effetti virtuosi sul potenziale di crescita dellโ€™economia.

Sin qui non abbiamo considerato gli effetti del moltiplicatore keynesiano, in base al quale uno shock ad una componente della domanda aggregata puรฒ generare spinte sul Pil aggiuntive rispetto allo shock iniziale. Usando le stime del modello econometrico della Banca dโ€™Italia, tuttavia, si scopre che il moltiplicatore non ha un impatto significativo. La Banca dโ€™Italia non pubblica il moltiplicatore della spesa degli investimenti privati in costruzione, ma riporta solo il moltiplicatore degli investimenti pubblici, i quali hanno una componente significativa di attivitร  edilizia. Usando questo moltiplicatore come proxy, troviamo che esso รจ pari allโ€™unitร  nel primo anno, il che implica lโ€™aumento del Pil di un ammontare pari allo shock iniziale. Successivamente, il moltiplicatore cresce gradualmente fino a raggiungere un picco di 1,2 nel quinto anno per poi decrescere fino a zero nellโ€™arco di dieci anni.

Naturalmente la dimensione del moltiplicatore dipende da molti fattori ed รจ possibile che uno shock allโ€™investimento privato in costruzioni abbia un contenuto di importazioni piรน basso di uno shock ad un generico investimento pubblico. Tuttavia, dato che non sembra che per lโ€™economia italiana siano stati stimati moltiplicatori piรน elevati, le stime contenute nella Fig. 2 possono considerarsi abbastanza attendibili.

Effetti sul bilancio pubblico

La questione degli effetti del superbonus sul bilancio pubblico รจ altamente controversa. Le stime iniziali della Ragioneria Generale dello Stato sono contenute nella Relazione Tecnica al decreto Rilancio (DL 34 del 2020), che ha introdotto il bonus 110% con lโ€™aggiunta di sconto in fattura e cedibilitร  del credito per quattro tipologie di interventi: efficientamento energetico, ristrutturazione antisismica, impianti fotovoltaici e infrastrutture di ricarica. Secondo questa relazione, nel periodo compreso fra luglio 2020 e dicembre 2021, la spesa aggiuntiva (definita โ€œindottaโ€) sarebbe stata di soli 3,5 miliardi di euro. Quasi tutte le stime fatte successivamente (con il senno di poi) sono notevolmente piรน alte. Se utilizziamo la stima della Banca dโ€™Italia, dal momento dellโ€™introduzione del superbonus fino alla fine del 2022, la maggiore spesa per lo Stato ammonta a circa 34 miliardi (31 miliardi di investimenti aggiuntivi x 110%).

Dati questi numeri, lโ€™obiettivo รจ quello di stimare il maggiore gettito che affluisce alle casse dello Stato come conseguenza della maggiore spesa. Qui il divario tra le varie stime aumenta ancora di piรน. Secondo la Ragioneria dello Stato, il maggiore gettito sarebbe stato solo di 138 milioni per il bonus efficientamento energetico e di 305 milioni per il totale del superbonus. Questo implica non solo che il costo per lo Stato sia stato di 3,5 miliardi di euro, ma soprattutto che solo lโ€™8,6 della spesa si sarebbe tradotto in maggiore gettito con riferimento sia allโ€™efficientamento energetico sia al totale (Tav. 1).

Un lavoro della Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha osservato come queste siano stime altamente prudenziali, concludendo che invece lโ€™effetto fiscale indotto รจ assai piรน rilevante e pari al 43,3 per cento.ย Ciรฒ significa che, pur ammettendo che sia corretta la stima della maggiore spesa (3,5 miliardi di euro), il gettito per lo stato dovrebbe essere pari a 1,5 miliardi di euro, non a 305 milioni. Questo calcolo si basa sullโ€™idea che alla base imponibile si debbano caricare due aliquote di imposta, il 10 per cento per lโ€™IVA e il 28 per cento per lโ€™Irpeg.

A nostro avviso, il procedimento piรน convincente รจ quello che muove dal presupposto che, in presenza di un moltiplicatore keynesiano attorno allโ€™unitร , i maggiori investimenti si traducono in maggior Pil della stessa dimensione. In questo approccio non รจ importante sapere quante imposte pagano i soggetti che eseguono i lavori. Infatti, il maggiore Pil riguarda lโ€™elevato numero di diversi settori dellโ€™economia che vengono attivati dalla maggiore spesa per ristrutturazione, attraverso le interdipendenze strutturali. Il parametro da prendere in considerazione รจ dunque quello della pressione fiscale complessiva, ossia dellโ€™insieme delle imposte e dei contributi sociali pagati allo stato in rapporto al Pil (pari al 43,5 per cento). Questo dato รจ comprensivo dei contributi sociali pagati da lavoratori e datori di lavoro, che nel complesso dellโ€™economia pesano per quasi il 14 per cento del Pil.

La Tav. 2 mostra che il gettito aggiuntivo per lo stato รจ di 13,7 miliardi, a fronte di una spesa di 68,7 miliardi, con la conseguente perdita di 55,1 miliardi. Il principale motivo per cui lโ€™operazione รจ in perdita รจ che, in qualunque ragionevole scenario controfattuale, una parte notevole della spesa sarebbe stata fatta comunque. Se invece assumessimo che tutta la spesa fosse aggiuntiva, lโ€™aumento del Pil sarebbe nellโ€™ordine dei 70 miliardi e il gettito fiscale aggiuntivo sarebbe di circa 30 miliardi, anzichรฉ di 13,7. Lโ€™operazione sarebbe comunque in perdita, ma per 40 miliardi anzichรฉ 55.

 

La riclassificazione Istat-Eurostat

Per giustificare il blocco dello sconto in fattura e della cessione dei crediti fiscali legati ai bonus edilizi, il governo ha chiamato in causa lโ€™Eurostat. Poteva anche non farlo dal momento che รจ evidente a tutti che quando paga un terzo, in questo caso lo Stato, le spese vanno fuori controllo, come in effetti รจ successo. In termini tecnici la questione รจ se un dato bonus รจ โ€œpagabileโ€, con cui si intende che รจ una minore entrata certa dello Stato, oppure โ€œnon pagabileโ€. Esempi di crediti di imposta โ€œnon pagabiliโ€ (sottinteso: con certezza) sono i bonus edilizi non cedibili: questi non sono pagabili con certezza perchรฉ non รจ detto che il contribuente abbia oggi e nei prossimi anni la capienza fiscale necessaria per usufruirne. Invece i bonus cedibili finiranno quasi certamente nel portafoglio di un operatore (banca o impresa) che ritiene di avere, oggi e nei prossimi anni, la possibilitร  di usufruirne; altrimenti non li comprerebbe. Questi vengono quindi riclassificati come spesa.

Nella sostanza Eurostat si preoccupa di contrastare due tentazioni ricorrenti dei governi: camuffare le maggiori spese come minori tasse e rinviare al futuro gli oneri presenti.

Una conseguenza della classificazione del bonus 110% e del bonus facciate come crediti โ€œpagabiliโ€, e dunque come spesa, รจ che occorre applicare il criterio della competenza economica e non quello della cassa. Il criterio della cassa รจ utilizzato in via di eccezione per alcune tasse in ragione della difficoltร  di fornire statistiche tempestive basate sulla competenza. A sua volta il criterio della competenza economica comporta che lโ€™intero sussidio venga contabilizzato nellโ€™anno in cui sorge lโ€™obbligazione per lo Stato. Di qui gli aumenti del deficit del 2020 (da 9,5 per cento del Pil a 9,7), del 2021 (da 7,2 a 9,0) e del 2022 (dal 5,6 per cento stimato dal governo nella NADEF a 8,0 per cento). Si noti che il debito pubblico non viene ricalcolato perchรฉ (almeno nella definizione di Maastricht) dipende dal fabbisogno di cassa: le modifiche nella contabilizzazione modificano solo lo stock-flow adjustment, ossia la differenza fra variazione del debito e deficit. Il che, a scanso di equivoci, non vuol dire affatto, come invece qualcuno pensava di aver capito, che i crediti fiscali non costituiscano debito.

Si capisce quindi che il governo abbia voluto evitare un peggioramento, potenzialmente di vari punti di Pil, del deficit 2023, causato dai crediti dโ€™imposta riconosciuti nellโ€™anno in corso; da qui la decisione di eliminare lo sconto in fattura e la cedibilitร  dei crediti che, oltre a rendere lโ€™agevolazione meno appetibile, dovrebbe comportare il ritorno, per i nuovi crediti dโ€™imposta, al vecchio criterio di classificazione; inoltre, questa decisone migliora in modo meccanico il disavanzo tendenziale di questo e dei prossimi anni (che scontava, nella precedente versione, minori entrate causate dal bonus edilizio). Naturalmente la contabilitร  non puรฒ cambiare la sostanza economica delle cose, ma puรฒ indurre i mercati a chiedersi quante passivitร  nascoste si annidano nei mille bonus che sono stati erogati โ€œgratuitamenteโ€ negli ultimi anni.

รˆ evidente che ora va trovata una soluzione ponte per salvare quei proprietari di case e quelle imprese che facevano affidamento sulla cedibilitร  dei crediti e che ora si trovano in grande difficoltร .

Appendice sulle interdipendenze strutturali

A differenza di ciรฒ che hanno fatto quasi tutti gli altri centri di ricerca, in questa nota non utilizziamo le tavole input/output o delle interdipendenze strutturali,ย  in quanto questo strumento รจ utile per calcolare come un determinato shock determini variazioni dellโ€™output dellโ€™economia, mentre a noi interessa il valore aggiunto perchรฉ solo questo รจ confrontabile con il Pil (che รจ la somma dei valori aggiunti settoriali a meno delle imposte indirette nette e dei contributi alla produzione).ย Lโ€™output, per unโ€™impresa come per lโ€™intera economia, รจ dato dalla somma del valore aggiunto e dei consumi intermedi. Nel caso dellโ€™Italia, nellโ€™ultima tavola I/O calcolata da Istat (relativa al 2019), lโ€™output รจ pari a 3.401 miliardi, un valore doppio rispetto al Pil che, invece, era pari a 1.797 miliardi. La differenza fra i due valori รจ data principalmente dai consumi intermedi, ossia dalle produzioni che servono da input in altri settori produttivi. Utilizzando le tavole I/O si trovano valori coerenti con il totale dellโ€™output, che รจ un concetto poco noto e che dipende in qualche misura da quanto le imprese sono verticalmente integrate.[13]ย Per quanto possa apparire poco intuitivo, la questione dei settori che vengono attivati dallโ€™edilizia (o da qualunque altra industria) tramite le interdipendenze strutturali non รจ un fattore rilevante ai fini della quantificazione dellโ€™effetto sul Pil di una variazione nel livello di attivitร  edilizia. Gli unici coefficienti eventualmente rilevanti sono quelli che entrano nel calcolo del moltiplicatore della domanda aggregata: essenzialmente la propensione alla spesa e il contenuto di importazioni.

Per chiarire ulteriormente il concetto, si consideri lโ€™effetto sul Pil di una decisione di acquisto per un nuovo infisso, pari ad esempio a 1.000 euro. รˆ evidente che questo acquisto attiva lโ€™industria del vetro, del pvc e del legno che, a loro volta, attivano decine di altri settori. Il punto รจ che gli input intermedi che vengono attivati hanno un costo complessivo (inclusivo dei margini di profitto) che รจ esattamente pari ai 1.000 euro iniziali. Se la domanda iniziale attivasse un valore aggiunto maggiore di 1.000 euro, il costo dellโ€™infisso dovrebbe essere maggiore. Si noti che i 1.000 euro comprendono la remunerazione di tutti i fattori produttivi coinvolti nella lunga catena di lavorazione che sono necessari per produrre lโ€™infisso, compresi ovviamente gli stipendi dei lavoratori, gli interessi da pagare alle banche e le tasse che vengono pagate ad ogni stadio. Quindi alla domanda di quanto Pil viene attivato da un acquisto aggiuntivo di 1.000 euro, la risposta (sulla base dellโ€™input/output e al netto dei possibili effetti del moltiplicatore keynesiano) รจ 1.000 euro.

 

 

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